mercoledì 1 febbraio 2012

Il futuro de Le Luci della Centrale elettrica

Ed ora? A chiederselo il pubblico, ma credo anche l’entourage de “Le Luci della centrale elettrica”.
Vasco Brondi
ha messo un chiodo nel cantautorato italiano dei nostri giorni e lo ha conficcato nella testa di chi crede che basta parlare delle microstorie per fare letteratura musicale (appunto).
Le luci della centrale elettrica hanno raccontato gli ultimi anni zero come nessun altro, schizzando parabole di note asciutte dalle periferie ai palazzi del potere.
Mi fermo, questo è solo un approccio al tema “Le luci e Vasco Brondi” perché avremmo bisogno di uno spazio non leggibile per chi scrolla e allora sarà meglio spezzettare l’analisi.
Ritorno invece alla domanda di cui sopra. Ed ora Le luci come continueranno il loro percorso? Il lungo ditirambo sul beat che scivola lungo i due dischi di nascita ormai non è più replicabile, non può avere lo stesso appeal, non può più catturare l’orecchio e la testa. Cosa devono diventare?
Una mia idea, confermata dal brano dell’EP allegato ad XL de La Repubblica, riguarda un doppio ambito: ammorbidimento del ritmo su volute armoniche musicalmente più complesse e argomenti più mirati, che non ci sparano in faccia la deformante realtà sociale che stiamo vivendo ma focus più definiti, che esplorano soprattutto le relazioni personali con gli altri e noi stessi.

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