martedì 14 febbraio 2012

Sanremo 2012 - I testi delle canzoni valutati al buio

Per Sanremo 2012 ho fatto un esperimento su me stesso. Ho dato una scorsa veloce ai testi senza sapere di chi era la canzone. Ho scoperto solo qual è la canzone di Pierdavide Carone (ricordavo il titolo). Per questo motivo mi lancio in un commento al buio, come se si stesse pesando un chilo di merluzzo a braccia.
Di “Nanì, Nanì, Nanì” posso dire poco perché il mio gioco è scoperto. È un tributo pericoloso (evidenti De André e Conte, ma c’è anche dell’altro, oltre a Dalla che è lì), ma credo che Carone con questa canzone spalanchi le porte del cantautorato e guardi l’orizzonte ben sapendo con chi sta sulla barca. Può decretare il grande successo. Dipende dal motivetto.
La canzone che dice: “E quando arriva la notte e resto sola con me /La testa parte e va in giro in cerca dei suoi perché/Né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà /La vita può allontanarci l’amore continuerà” è una canzone potente, matura, festival delle parole tronche, da cantare con energia altrimenti diventa filastrocca. È una canzone affacciata sulle atmosfere miniane.
La canzone che ha i versi “La chiamano realtà/ Questa confusione/ Di dubbie opportunità,/ Questa specie di libertà” guarda al presente con un po’ di confusione. Richiama libri come “Vita precaria e amore eterno” e la immaginiamo molto ritmata. Sulla stessa falsariga anche quella che fa “Ho… dato la vita e il sangue per il mio / paese e mi ritrovo a non tirare a fine mese,” con parole ancora più semplici e dirette (insomma, sarà il Festival del precariato).
In una canzone ho beccato un verso alla Zanzotto: “La strada dei passi passati da qui”.
In questa invece Vasco Rossi impera: “E quello che mi resta è di trovare un senso / Ma tu, sembri ridere di me,/ Sembri ridere di me…/ E tu lo chiami Dio/ Io non dò mai nomi/ A cose più grandi di me”.
Quella che invece fa “La felicità non è impossibile / La stupidità la rende facile, / Come un’ebbrezza effimera che può imbrogliare,/ Fino a non capire che può fare male” è un vero scritto di etica che apre una discussione. La tesi è: la felicità è nelle sicurezze, nella volontà di adattarsi, mentre l’infelicità è nella ricerca continua, nelle sfide. Una rivoluzione personale che si focalizza sul vivere senza grandi obiettivi.
Aspettiamo stasera e l'ascolto.

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