domenica 26 febbraio 2012

Sanremo 2012 in base al Coefficiente di Coerenza

Alcuni anni fa ho scritto insieme a Giosuè Luca Cavallaro un libro (Le forme della canzone – Zona Editrice) in cui cercavamo di analizzare come si costruisce una canzone ed un interprete modellandoli sugli ascoltatori potenziali, la progettualità del prodotto-artista e la vision della canzone-testo. Lo scritto aveva in nuce alcune idee che è giusto ribadire e approfondire, a partire da un concetto che sintetizza il succo del libro: il coefficiente di coerenza.
Più che parlarne nei particolari, è giusto applicare questo coefficiente ad alcune proposte di Sanremo 2012, per capire le strade intraprese ma soprattutto le ricadute effettive di quello che abbiamo ascoltato.

Emma ha vinto per quello che è stata, sfumando lei stessa nel corso delle serate sanremesi l’asset principale del progetto di canzone e ritornando al modello per cui era conosciuta. Con “Non è l’inferno” non si apre una nuova pagina del prodotto Emma, capace di calpestare e farsi sentire su temi sociali profondi, ma restiamo con l’Emma grinta e cuore, sudore e rivincite. Il buco è sicuramente dovuto ad un testo troppo lineare e con metafore poco impattanti sulla realtà precaria che si voleva raccontare. Non puoi scrivere una canzone che parla di un problema sociale pensando di scrivere una canzone d’amore. Coefficiente di coerenza: 5

Arisa è invece il prodotto artistico più incredibile degli ultimi 10 anni. Ancora non siamo riusciti a comprenderlo, soltanto una retrospettiva tra qualche anno di carriera riuscirà a completare l’analisi. Ha abbandonato la leggerezza jazz e il fumettismo, caricando di responsabilità la canzone di Sanremo, su cui ha puntato come riconversione artistica (mettendo nel mirino soprattutto un nuovo target). La sfida è pienamente riuscita e oggi Arisa si apre al panorama nazionale come riferimento primo per capacità vocali e “portfolio” delle tematiche trattabili. Il punto adesso è scriverle canzoni come “La Notte”, che non siano “La Notte”. Coefficiente di coerenza: 9,5

Nina Zilli: qui invece non siamo di fronte ad una riconversione ma ad un upgrade di prodotto. Ascoltare Nina Zilli dopo “Per Sempre” vuol dire incamminarsi con lei su una strada che ha come meta l’eccellenza tecnica legata alla piena padronanza degli strumenti di scena, farsi trascinare su temi delicati e profondi insieme, accettare una sfida che fa paura: essere la nuova Mina.
Nina Zilli con la canzone di Sanremo ha spalancato la porta che aveva aperto. La grande sfida qui è costruire con pezzi sempre più “assoluti” l’Artista italiana degli anni ’10. Coefficiente di coerenza: 9

Noemi ha proposto la canzone più “sharabile” di Sanremo. A chi non piace lo strascicante ritornello che la cantante romana esalta con una voce introvabile in Italia. E poi c’è un momento in cui la canzone si sospende (“Questo è o non è….”) e Noemi canta la parola “amore” riempiendo di calore tutti coloro che l’ascoltano.
Con “Sono solo parole” Noemi non sposta di tanto il suo percorso e segue la strada che la morbidezza appuntita della sua voce permette. Credo che puntare ad una nuova Noemi in questa fase era sbagliato ed è stato giusto darle una canzone pienamente sua. Ha ancora almeno due anni di “autonomia”, evitando la monotonia. Tra due anni Noemi tornerà sul palco di Sanremo e canterà qualcosa di nuovo. Coefficiente di coerenza: 8

Pierdavide Carone è l’esempio perfetto di come lavorare in base ad un evento capace di lanciare un brand. Un po’ come durante il Superbowl, in cui ci sono stati casi di riposizionamento di prodotto grazie ad un solo spot. Pierdavide Carone aveva una sola pallottola d’argento da sparare nel cuore di un target molto scivoloso, che ama la canzone d’autore ma boicotta i talent show, che vuole ascoltare temi poetici ma distrugge le metafore troppo argute, che si esalta con gli elementi profondi di una canzone ma non vuole un’intelligibilità troppo complicata.
Questa era forse la sfida di prodotto più difficile presentata a Sanremo, secondo me vinta per tre ordini di motivi: Carone ha portato con sé la scia di popolarità mediatica ridefinendola e mutandola con il gusto di un pubblico che è a sua volta mutato dopo la sua prima fase artistica. In secondo luogo perché la canzone, come detto in altri post, è salita con modestia sulla barca dei cantautori del passato attraverso echi, citazioni e atmosfere molto memorabili. In terzo luogo la presenza di Dalla ha protetto il progetto, ma soprattutto lo ha subito palesato agli occhi e alle orecchie degli spettatori, chiarendo fin da subito gli obiettivi finali. Il colpo è riuscito, ma per Carone adesso viene il bello: diventare un Cantautore o il Cantante dei pezzi veraci? Coefficiente di coerenza: 10

mercoledì 15 febbraio 2012

Dopo il primo ascolto di Sanremo 2012 - Vince Noemi?

Impressioni di febbraio al primo ed unico ascolto (la memoria falla) delle canzoni di Sanremo 2012 dopo la prima puntata. Le canzoni che mi sono arrivate di più (oggi in bus biascicavo “Vieeeni viaa con me…) sono quelle di Carone e Nina Zilli, entrambe costruite su una struttura melodica molto semplice. Carone, come dicevo ieri, si apre al cantautorato più alto mantenendo però la freschezza già dimostrata.
Nina Zilli scrive con Casalino e canta una canzone piana che mette poco in mostra lo swing soul della voce ma che lei riesce a performare alla grande grazie ad una padronanza delle telecamere da vera showgirl.
Emma e Dolcenera sembrano cantare due canzoni troppo simili, per cui serve il nuovo ascolto per carpire la distanza.
Dai Marlene Kuntz mi aspettavo un colpo più alla Afterhours de “Il paese è reale”, ma una musica un po’ scialba non fa da contraltare ad un testo pieno di ricchezze.
Arisa (o chi per lei) ha troppo annunciato il cambio di temi e atmosfere per impattare come doveva, anche se la canzone è perfetta per la sua voce e un suo mood molto difficile da portare su temi meno funny.
Forse la canzone migliore per vestito sonoro e interpretazione è quella di Noemi. Ritornello che chiama in causa Mina e i Negramaro su una musica che decora la voce graffiata di Noemi.

martedì 14 febbraio 2012

Sanremo 2012 - I testi delle canzoni valutati al buio

Per Sanremo 2012 ho fatto un esperimento su me stesso. Ho dato una scorsa veloce ai testi senza sapere di chi era la canzone. Ho scoperto solo qual è la canzone di Pierdavide Carone (ricordavo il titolo). Per questo motivo mi lancio in un commento al buio, come se si stesse pesando un chilo di merluzzo a braccia.
Di “Nanì, Nanì, Nanì” posso dire poco perché il mio gioco è scoperto. È un tributo pericoloso (evidenti De André e Conte, ma c’è anche dell’altro, oltre a Dalla che è lì), ma credo che Carone con questa canzone spalanchi le porte del cantautorato e guardi l’orizzonte ben sapendo con chi sta sulla barca. Può decretare il grande successo. Dipende dal motivetto.
La canzone che dice: “E quando arriva la notte e resto sola con me /La testa parte e va in giro in cerca dei suoi perché/Né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà /La vita può allontanarci l’amore continuerà” è una canzone potente, matura, festival delle parole tronche, da cantare con energia altrimenti diventa filastrocca. È una canzone affacciata sulle atmosfere miniane.
La canzone che ha i versi “La chiamano realtà/ Questa confusione/ Di dubbie opportunità,/ Questa specie di libertà” guarda al presente con un po’ di confusione. Richiama libri come “Vita precaria e amore eterno” e la immaginiamo molto ritmata. Sulla stessa falsariga anche quella che fa “Ho… dato la vita e il sangue per il mio / paese e mi ritrovo a non tirare a fine mese,” con parole ancora più semplici e dirette (insomma, sarà il Festival del precariato).
In una canzone ho beccato un verso alla Zanzotto: “La strada dei passi passati da qui”.
In questa invece Vasco Rossi impera: “E quello che mi resta è di trovare un senso / Ma tu, sembri ridere di me,/ Sembri ridere di me…/ E tu lo chiami Dio/ Io non dò mai nomi/ A cose più grandi di me”.
Quella che invece fa “La felicità non è impossibile / La stupidità la rende facile, / Come un’ebbrezza effimera che può imbrogliare,/ Fino a non capire che può fare male” è un vero scritto di etica che apre una discussione. La tesi è: la felicità è nelle sicurezze, nella volontà di adattarsi, mentre l’infelicità è nella ricerca continua, nelle sfide. Una rivoluzione personale che si focalizza sul vivere senza grandi obiettivi.
Aspettiamo stasera e l'ascolto.

venerdì 3 febbraio 2012

La banalità del riot amoroso firmato Negramaro

Purtroppo uno legge un titolo, si aspetta ed aspetta e viene fregato sul più bello. Non conoscevo “Londra Brucia” e i Negramaro l’hanno sparata in tutte le radio.
Il titolo è una frase che schiuma di nobiltà dai Clash ad Anyone can play guitar dei Radiohead. E tutti noi, orecchio teso a capire se i riot dello scorso anno avevano fatto partorire un testo sociale ai Negramaro.
E invece mi trovo: “Hi/londra brucia e tu che dici/ se ti fermo tu che dici/ e non ci sei già più”.
I Negramaro sono straordinari quando usano il glossario quotidiano dei trentenni. Hanno esaltato i termini basic con sviluppi sintattici perfetti per la loro musica succosamente rock.
Ma nonostante questo non puoi permetterti di aprire un universo di senso (la società che lotta per avere nuove opportunità) per poi banalizzarlo in una storiella da scoglionato innamorato.
Che poi una sequenza come: “Vorrei odiarti un po’/senza senza nemmeno amarti/ e vorrei amarti poi/ senza nemmeno conoscerti” fa comunque ridere i polli.

mercoledì 1 febbraio 2012

Il futuro de Le Luci della Centrale elettrica

Ed ora? A chiederselo il pubblico, ma credo anche l’entourage de “Le Luci della centrale elettrica”.
Vasco Brondi
ha messo un chiodo nel cantautorato italiano dei nostri giorni e lo ha conficcato nella testa di chi crede che basta parlare delle microstorie per fare letteratura musicale (appunto).
Le luci della centrale elettrica hanno raccontato gli ultimi anni zero come nessun altro, schizzando parabole di note asciutte dalle periferie ai palazzi del potere.
Mi fermo, questo è solo un approccio al tema “Le luci e Vasco Brondi” perché avremmo bisogno di uno spazio non leggibile per chi scrolla e allora sarà meglio spezzettare l’analisi.
Ritorno invece alla domanda di cui sopra. Ed ora Le luci come continueranno il loro percorso? Il lungo ditirambo sul beat che scivola lungo i due dischi di nascita ormai non è più replicabile, non può avere lo stesso appeal, non può più catturare l’orecchio e la testa. Cosa devono diventare?
Una mia idea, confermata dal brano dell’EP allegato ad XL de La Repubblica, riguarda un doppio ambito: ammorbidimento del ritmo su volute armoniche musicalmente più complesse e argomenti più mirati, che non ci sparano in faccia la deformante realtà sociale che stiamo vivendo ma focus più definiti, che esplorano soprattutto le relazioni personali con gli altri e noi stessi.