giovedì 26 gennaio 2012

Il target di Vasco Rossi

Dalle scuole medie, investito dai miei compagni di scuola che adoravano e contaminavano anche me, mi sono sempre chiesto chi è il pubblico, sarebbe meglio dire target (non offendo, sono onesto, tutti hanno un’audience da rispettare) di Vasco Rossi.
Dopo anni e anni di scenari di mercato è stato lo stesso Vasco a dirmelo, come fa lui: “Noi siamo i soliti, siam quelli lì”.
La risposta è in questo verso, asciutto e denso come sa fare il Blasco.
Quelli lì sono “difficili” secondo i canoni della normalità più assoluta, così normali da essere incomprensibili nella società dell’esposizione iperrealistica. I soliti hanno “illusioni e grandi passioni” che non portano conseguenze o fanno immaginare mondi, sono slanci personalistici e vuoti, secondo la migliore interpretazione del termine, perché slanci che non vogliono convincere nessuno.
Essere “liberi”, il grande tema rossiano. Ma liberi da cosa? (lo dice anche lui). I soliti non sono liberi da particolari legacci sociali che sono saltati da anni, forse sono liberi dai condizionamenti, ma neanche questo poi è tanto vero. Io mi sono fatto l’idea che la libertà per Vasco è condurre una normale vita in pace con la propria coscienza. Se questo vuole dire provare tutti i limiti consentiti oppure sposarsi e fare figli beandosi della vita da impiegato non fa differenza.
Il “volo” è un frullato di sensazioni che possono arrivarci da qualsiasi parte.
I soliti, sono così soliti da confondersi, mischiarsi, essere invisibili (Nessuno li nota: “Noi siamo quelli che, vedete qui”, è meglio indicarli altrimenti ci sfuggono). Non canta la straordinarietà, non l’ha mai fatto. Vasco Rossi canta la volontà di sognare, volare e sbagliare, che già nei termini troviamo nel diario di tutti quei miei amici delle scuole medie, che oggi sono diversi da allora e la gente chiamerebbe insoliti.
Vasco Rossi lo odiano.

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