lunedì 23 gennaio 2012

Essere Giancarlo Bigazzi

C’ è una pubblicità che gira in questi giorni che dice più o meno: “Per essere un vero genio devi eccellere in cose totalmente diverse tra loro”. La prima volta che l’ho vista, l’ho associata ad una sola persona: Giancarlo Bigazzi.
Bigazzi ha preso un talento, mettiamo anche che all’inizio era un piccolo talento con alcune interessanti illuminazioni, ma la sua genialità è stata nell’averlo fomentato, moltiplicato, fatto ruzzolare lungo il pendio della vita italiana e delle emozioni personali creando una valanga inarrestabile.
Bigazzi ha scritto frasi come “Luglio col bene che ti voglio” e “E ti perdi dentro a un cinema/A sognare di andar via/Con il primo che ti capita e ti dice una bugia”, ha raccontato gli anni ’60 con l’addio ai paesi per la città regina e puttana, gli anni ’70 rosa, con la loro voglia di scoprire un corpo nudo, gli anni ’80 densi, pronti per i tormentoni da stress, per arrivare ai giorni d’oggi dove ha preteso un presidio slow nelle musiche per cinema.
In tutto questo Bigazzi ha pensato e fatto partorire gli Squallor come appendice delle supercazzole giovanili e creato cantanti, affibbiando ad ognuno di loro un’anima da trasmettere sempre diversa.
Giancarlo Bigazzi è morto qualche giorno fa e non ha eredi. Forse non potrà averne o forse c’è qualcuno che conosce così bene se stesso da poter essere tante cose diverse senza perdere le bussole e dimenticare mai le atmosfere sociali in cui vive.
Bigazzi c’è riuscito e non si capisce come.

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